L’iter autorizzativo dei sistemi di accumulo
I sistemi di accumulo rappresentano oggi uno strumento di fondamentale importanza per ridurre l’aleatorietà delle fonti rinnovabili non programmabili e contribuire alla stabilità della rete elettrica nazionale. Tanti sono gli storage in sviluppo da parte dei produttori di energia e ambiziosi sono gli obiettivi italiani di installato al 2030. Ma qual è il percorso normativo da intraprendere per autorizzare la costruzione di un sistema di accumulo? Proviamo a fare chiarezza.
Un problema non programmabile
La diffusione su larga scala delle energie rinnovabili ha comportato negli ultimi anni un profondo cambiamento nella rete elettrica nazionale, nella produzione e nella gestione dell’energia elettrica.
Sebbene le fonti rinnovabili siano diventate concorrenziali sul mercato dell’energia rispetto ai grandi impianti convenzionali, essendo caratterizzate da un costo marginale praticamente nullo, le fonti tradizionali godono ancora del vantaggio di poter fornire elettricità su richiesta. Gli impianti fotovoltaici, le turbine eoliche, e in generale tutti gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile non programmabile, sono caratterizzati da mutamenti anche improvvisi nello stato di funzionamento poiché basati su input energetici che non possono essere controllati per natura.
Il progressivo aumento di variabilità nella produzione di energia rende complessa la gestione della rete da parte del Gestore, finora basata su precise regole di dispacciamento che garantiscono il corretto equilibrio fra produzione e consumo di energia. L’approccio mediante il quale il Gestore garantisce la stabilità della rete è tradizionalmente basato sulla possibilità di adeguare (e con elevato grado di confidenza) la produzione delle grandi centrali termoelettriche, principali utenti del dispacciamento.
Tuttavia, la penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili genera progressivamente una netta riduzione dell’esercizio continuativo delle centrali tradizionali, che ne comporta l’inservibilità nei confronti della reta elettrica o comunque la necessità di ridurre, tramite azioni di re-dispacciamento, la produzione rinnovabile per introdurre i margini di riserva regolante indispensabili alla stabilità del sistema.
Il ruolo dei sistemi di accumulo
L'accumulo di energia rappresenta quella che si dice soluzione alternativa: i sistemi di accumulo hanno la capacità di assorbire l’energia prodotta dalle FER e rilasciarla in un secondo momento, quindi il potenziale di ridurre l’aleatorietà delle fonti non programmabili, abilitando l’energia rinnovabile a coprire un ruolo ancora più centrale nel sistema elettrico nazionale.
Inoltre, poiché caratterizzati da tempi di risposta rapidi ed estrema flessibilità di funzionamento, i sistemi di accumulo si candidano a partecipare al mercato dei servizi di dispacciamento dell’energia, qualificandosi a svolgere numerosi servizi di rete finora garantiti dagli impianti tradizionali.
Il contesto
La transizione energetica è veicolata da numerose linee guida e normative, che dipingono gli scenari e gli obiettivi futuri e tratteggiano gli iter di avanzamento per perseguirli. Di questi, il pacchetto Fit-for-55, il Re-Power EU, il Next Generation EU a livello europeo e i decreti attuativi italiani, in particolare il d.lgs. 8 novembre 2021 n. 199 (RED II), il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) permettono di sintetizzare gli obiettivi che l’Italia dovrebbe traguardare per recepire gli indirizzi comunitari: incremento del target UE per le FER al 2030 pari al 45%, nuova potenza rinnovabile installata pari a 85 GW, nuova capacità di accumulo pari a 80 GWh.
La maggior parte della nuova capacità di accumulo sarà rappresentata da accumuli di grande taglia localizzati principalmente al sud, dove insisterà verosimilmente la maggior potenza di installato fotovoltaico. Indipendentemente dalla zona geografica, gli accumuli saranno comunque distribuiti sull’intera penisola per far fronte all’instabilità introdotta dalla diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili.
Qual è la normativa di riferimento
La normativa in tema di autorizzazioni applicabile agli storage è contenuta nell’articolo 1 del Decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55 (di seguito per brevità “L. 55/2002”). Tale disciplina è stata successivamente integrata dall’articolo 62, comma 1, del D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (c.d. DL Semplificazioni) e successive modificazioni e articolo 31 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77 (DL Semplificazioni bis) e successive modificazioni.
Cosa dice la normativa
Anzitutto, occorre evidenziare che le modalità di autorizzazione previste per gli accumuli rientrano in una delle seguenti categorie: procedura abilitativa semplificata comunale (PAS), Autorizzazione Unica (AU), procedure di modifica ai sensi del d.lgs. 387 e edilizia libera.
Le discriminanti in base alle quali uno storage è autorizzato secondo una delle procedure sovraesposte, sono: la taglia dell’impianto, l’ubicazione, l’accoppiamento con altri impianti di produzione di energia e l’occupazione di nuove aree.
Sono di seguito categorizzate le procedure da seguire in ognuna delle combinazioni possibili fra le discriminanti.
Storage autorizzati mediante PAS
Secondo quanto riportato dalla normativa uno storage verrà autorizzato mediante procedura abilitativa semplificata comunale di cui all’art. 6 del d.lgs. 2 marzo 2011, n. 28, qualora si verifichino determinate condizioni. Innanzitutto, lo storage non deve comportare estensione delle aree, aumento degli ingombri rispetto alla situazione esistente o una variante agli strumenti urbanistici. Inoltre, lo storage deve essere ubicato all’interno di aree in cui sono situati impianti industriali o all’interno di aree in cui sono situati impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte rinnovabili o da fonte fossile con potenza inferiore a 300 MW in servizio o in aree di cava o di trattamento di idrocarburi in via di dismissione.
Storage autorizzati mediante AU
Sono soggetti ad Autorizzazione Unica di competenza ministeriale (secondo quanto previsto dall’art. 1 del decreto-legge 7 febbraio 2002, n.7, convertito, con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n.55) gli storage ubicati all’interno di aree in cui sono presenti impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti fossili di P>300 MW termici in servizio e gli impianti stand alone ubicati in aree non industriali.
Gli storage da esercire (in combinato o meno) con impianti FER di nuova costruzione devono essere autorizzati medianti AU rilasciata dalla regione o dalle province delegate, secondo quanto previsto dall’art. 12 del D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.
Storage autorizzati mediante procedura di modifica
Sono autorizzati mediante procedura di modifica ai sensi dell’art. 12 comma 3 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n.387, storage da esercire con impianti FER esistenti qualora lo storage non comporti occupazione di nuove aree rispetto all’impianto esistente.
Storage in edilizia libera
Qualunque tipologia di storage, ovunque questa ubicata, se di potenza inferiore a 10 MW è considerata attività in edilizia libera e non richiede il rilascio di titoli abilitativi, ad eccezione dell’acquisizione degli atti di assenso previsti dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e di tutti i pareri, le autorizzazioni e i nulla osta degli enti territorialmente competenti.